Al momento stai visualizzando mia sorella si sposa – riflessioni sul matrimonio, i Litfiba e gli animi inquieti

Che Gaia sarebbe stata la prima a dar vita a una nuova famiglia, nella Raciti’s Family, era cosa ovvia su cui solo un folle avrebbe potuto scommettere alternativamente.
Che lei l’abbia sempre immaginata sposata con dei bambini a fare la mamma chic fighissima, poi è cosa consolidata.
Ho due sorelle. Siamo tre femmine a casa, quattro con mamma, tanto che mio padre ha sempre preteso per lo meno i cani maschi, giusto per compensare alla mancanza, che neanche la testa di bambino scolpita in pietra dallo zio Gigi, architetto e scultore di pietre a Montecchio Maggiore cittadina dove sono nata, ha potuto sopperire.

Dire che io e Gaia siamo come il sole e la luna, ci rappresenta alla perfezione.
Lei ordinata, ingegnere, precisa, super organizzata.
Io disordinata, con botte di creatività, discutibili poi, imprecisa, la disorganizzazione non è un problema ma anzi motivo di grandi soddisfazioni.

Ai tempi in cui vivevamo assieme, mentre studiava analisi I, II e poi chissà quante ancora e sprofondava nei suoi libri, io nel salotto a fianco alla sua stanza organizzavo feste e disordinavo quello che lei aveva ordinato nel suo tempo libero. Poi provavo a rimettere a posto, non ho mai raggiunto quel livello di perfezione e gli standard minimi per passare il suo severo giudizio.

Lei ascoltava Eros Ramazzotti e io i Litfiba di cui indossavo con orgoglio la maglietta acquistata al concerto di Acireale per vedere da vicino Piero Pelù all’urlo “Piero Pelù il mio sogno Proibito sei tu”, senza sapere neanche cosa stessi urlando.

Gaia ha 30 anni, l’età “limite” entro e non oltre la quale secondo mia zia Vera una donna deve sposarsi.
Io ne ho 34, e non se li scorda mica, visto che sono coetanea del suo secondo figlio. Ancora oggi, quanto mi incontra mi schiaffeggia leggermente come ha sempre fatto da quando ero piccola “Bedda faccia i’ tumpuliari” e mi chiede: Giulia, ma tu? Quando ti sposi?

Chi glielo spiega che tuttavia la penso un pò come Piero Pelù che ne La Gioconda canta l’unione senza la necessità dell’istituzione?
Non capirebbe, non è colpa sua, un tempo era così che le cose dovevano andare.

In Latino America, o in Birmania ero un caso da studiare se a 30 anni ero soltera (single, zitella, sola come vi piace a me stanno bene tutti), era così e basta, e mi sentivo oggetto di interessanti conversazioni tra varie risatine varie e smaliziate che in qualche maniera denotavano grande stupore.

Mi chiedo oggi se non sia colpa della mia canzone preferita dei Litfiba, La Gioconda, che ho sempre in testa l’immagine della coppia all’altare che scappa via in direzioni diverse per poi entrare nella stessa macchina e lasciare gli invitati sbalorditi e senza pranzo luculliano.

Leggerò la preghiera durante la cerimonia, così sarò esentata dal farla, sottolinea mia sorella che sa molto bene come la penso ma che vuole rendermi partecipe.
E Gaia questo lo sapeva. Non sarò testimone di nozze perchè in fin dei conti, ha ragione lei, io di testimoniare a una istituzione che credo si possa fare a meno non me la sento.
Ma spero un giorno di poter testimoniare a qualcosa di più grande e bello, in cui credo fermamente diventando madrina del mio futuro nipote.

Giulia Raciti

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