Al momento stai visualizzando L’anti-blogger – Sul perchè non mi piace scrivere di viaggi (per gli altri)
travel-blogger Photo by ravel.ninemsn.com.au

Che il mercato della scrittura di viaggi all’estero offra degli sbocchi proficui ed interessanti è un dato di fatto. In Italia, nonostante mi piacerebbe poter confermare lo stesso, quella del blogger di viaggio, inteso come colui che scrive di viaggi, non è una professione a cui ambire, e se si spera che scrivere per una testata sia sufficiente o che basti questo per arrivare a fine mese, putroppo bisognerà pensare velocemente al PIANO B di riserva.

Parto quindi dal presupposto che la scrittura di viaggi si dovrebbe associare ad altro, o per lo meno si dovrebbe estendere questa dote, tale dovrebbe essere non l’ultima delle trovate del web per fare due soldi, a un contesto più ampio che è quello del copywriting su più siti e testate, magari spaziare anche ad altri argomenti.

Ma anche in questo caso, dopo un ultimo anno di scrittura per me, molto poca perchè poco tempo rimasto al mio progetto, e per gli altri, a cui ho dato buona parte delle mie foto e conoscenze per delle paghe ridotte ai minimi storici, ho deciso lo scorso mese di smettere per un pò, e l’ho fatto principalmente perchè per la prima volta mi sono posta una domanda, anzi alcune: sono davvero disposta a scrivere ad oltranza sulle stesse destinazione 10, 20,50 volte? Potrei immaginarmi scrivere su destinazioni in cui sono stata, magari 3 anni fa e narrare di cose o situazioni che magari non esistono neanche più? Sono in grado di inventarmi sempre qualcosa di nuovo anche quando di viaggi che vanno oltre la settimana non ne faccio da tempo?

Il blogging sta ampliandosi a dismisura, le richieste di collaborazione che ricevo sono numerose, sembra essere l’ultima sponda, pure per chi non ha mai scritto prima e ha alle spalle 1 viaggio negli Usa di ben 2 settimane, una avventura fai da te nello Yucatan.

C’è una categoria in particolare che chiama molto la mia attenzione.
Entusiaste persone che hanno fatto dei viaggi, che come curriculum elencano i Paesi visitati come fosse una lista della spesa, salvo poi non raccontarmi qualcosa del loro modo di viaggiare, della durata, della metodologia (a parte il sottolineare che lo si fa zaino in spalla, che detto così potrebbe anche solo significare con uno zaino invece che con un trolley), e si propongono come collaboratori, senza specificarne i termini tanto meno la motivazione.

Ho imparato a fiutare le personalità al di là della mail prima ancora di ricevere una loro risposta, che mella maggior parte dei casi a mia email di controbattuta non arriva mai.

Sono chiara da subito, non offro compenso per il post perchè non cerco attivamente collaboratori, perchè il mio non vuole essere una magazine, perchè non ho le risorse economiche per un progetto del genere (e se le avessi vorrei prima pianificare la cosa in maniera organica e con un fine ultimo che, detto in soldoni, sul lungo termine mi faccia rientrare delle spese), perchè, sebbene dichiari di guadagnare con il blog lo faccio in maniere trasversali che con il post a se stesso ha poco a che vedere.

Offro però  un’altra opportunità che poi, per lo meno secondo me, è più durevole e sensata se pensata sul lungo periodo (ma questo non lo scrivo, lascio che ognuno intenda quello che vuole intendere, mi pare che quello che ci si aspetti siano dei soldi per quanto scritto e basta), più attinente al viaggio, all’essere viaggiatore al dispensare consigli in base alle proprie conoscenze.

Spiego di cosa si tratta, la illustro, specifico che è una idea che sto mettendo in atto ma non posso garantire nulla, se avessi la certezza che funziona e si guadagnano palate di soldi, smetterei io per prima di districarmi su 5 diverse attività e mi dedicherei solo a quella.

Come per magia l’entusiasta viaggiatore scompare, magari poi lo ritrovo a scrivere su blogs che promettono guadagni tramite clicks di adsense e un futuro nel mondo della scrittura dei viaggi….che non esiste!

travel-blogger Photo by ravel.ninemsn.com.au
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Ma torniamo a me, ai dubbi amletici e a che da blogger sono diventata una sorta di anti-blogger.

Agli albori non volevo essere chiamata blogger, pensavo che i blogger erano quei nomi più conosciuti il cuo valore era misurato dal numero di fans. Non ero meritevole di tale titolo nobiliare.

Poi per una serie di cose ho accettato e fatto mio questo appellativo, in fin dei conti lo ero/sono. Ho cercato di seguire le regole di un blogging metodico e che, per lo meno su carta, dovrebbe essere seguito per scalare le “vette del successo”.
Improvvisamente sono ritornata sui miei passi al punto da diventare una anti-blogger, che non significa essere contro il blogging, tutt’altro, quanto piuttosto che faccio tutto quello che non si dovrebbe fare, meglio ancora, non faccio quello che si dovrebbe fare.

Non interagisco attivamente con altri bloggers, e quando lo faccio è a livello talmente tanto personale che sfora nell’amicizia e la confidenza piuttosto che in un piano editoriale strategico, con loro condidivido qualcosa di grande, non mi interessa sapere che autobus prendere.

Utilizzo i social networks ad ispirazione e se non ho nulla da dire, allora sto in silenzio anche per giorni, l’instagram mi snerva e le foto con filtri le odio, alterano la percezione della realtà e anche un posto di merda diventa bellissimo, nulla di più fasullo.

Come incatenata in uno status che non volevo più fare mio, svolgendo attività che non mi entusiasmavano granchè fatte di ####, gruppi di chiacchiere sui social networks in cui ancora si discute su chi sia il vero viaggiatore (è nato prima l’uovo o la gallina?), o le cose da non perdersi assolutamente, con un distacco, facilitato dal vivere lontana da tutto e da tutti, non mi sono sentita più a mio agio in una realtà fatta di luoghi comuni ed entusiasmi troppo entusiasmosi per la sottoscritta.

Posso farmi commissionare qualche articolo, seguendo le linee guida fornite (i punti, l’elenco, il meglio del meglio), ma è questo quello a cui ci si riferisce quando si tratta la questione attinente la scrittura di viaggi?
E dove sta il limite tra il blogger e colui che scrive di viaggi? Sono la stessa cosa?

Per una come me che vive il viaggio come momento intimo ed estremamente personale, nello sbriciolare pillole informative, fatte poi in verità di approfondite ricerche sul web prima di pubblicarle, ho capito che scrivere di viaggi, se intendiamo questo dispensare elenchi puntanti ed informazioni sui trasporti, come professione non fa per me.

Tengo il mio diario e su dei pensieri sparsi e confusionari scrivo organizzando meglio appunti del passato, ricreando un momento personale al punto tale da non poter essere replicato più e più volte.
Ho deciso che è meglio scrivere per me, sul mio blog intendo, non più per gli altri.
Perchè la sensazione del qui ed ora è una e non cambia.

La lista delle migliori spiagge la lascio fare a Tripadvisor o i portali turistici che hanno i numeri come obiettivo, e fanno le cose meglio di quanto non possa fare io.
L’ho fatto ma mi sono sentita una mercenaria, peggio ancora, mi sentivo valutata e considerata per quello che rappresentavo (Giulia di Viaggiare Low Cost) e non che per il come lo facevo (scrivo bene? Male? In ostrogoto?)

Ma quella non è scrittura di viaggi, quello è seo copywriting per il settore viaggi, lavoro dignitoso e che fa onore, ma che con la scrittura di viaggio non deve andare necessariamente a braccetto, non presuppone neanche che si viaggi davvero.

Così il numero di fans diventa relativo, pochi o meno ma buoni (attivi e presenti..grazi grazie grazie a tutti i miei amici/fans), quello dei retweets diventa un vanto personale e piccolo orgoglio ma neanche tanto poi.
L’unica cosa che ormai conta è quella email di chi ti racconta la sua storia ed in te vede un modello, un aiuto, una voce fuori dal coro, quelle interazioni che scatenano discussioni e punti di vista, che creano comunicazione con persone che di te sanno tanto ma tu di loro poco. Almeno all’inizio.
Non è raro che con il tempo, come per magia, alcuni likes al mio blog sono diventati conoscenti e persone che, pur senza esserci mai incontrati, in qualche maniera sento di conoscere.
E a quel punto non sono più solo io a dare consigli ma il nostro diventa un rapporto reciproco, fatto di emails private in cui scambiarsi opinioni, aiuto e consigli.

Se scrivo di viaggi quindi, voglio farlo per me e per queste persone. Non per il migliore offerente assetato di numeri.

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Ci tengo a ricordare che la mia attività da blogger al giorno d’oggi mi da da vivere, ma non perchè scrivo di viaggi. Sul sapere cosa faccio e come guadagno la pagnotta ogni giorno clicca qui.

Giulia Raciti

Nomade Digitale e free lance dal 2011. Mi occupo di SEO, SEO Copywriting e creazione Siti Web utilizzando Elementor

Questo articolo ha 9 commenti.

  1. Wanda Benati

    Cara Giulia, sembra proprio che su molte cose la pensiamo allo stesso modo. Proprio in questi giorni avevo in mente di scrivere un mio post, in risposta a quello di una blogger dove il cosiddetto blogger- tipo viene descritto come un esagitato che – se quando è in viaggio non riesce a “connettersi”- entra nel pallone e passa il tempo a cercare reti wi-fi, oltre che prese per la ricarica dei vari devices. Tutto questo perchè deve, compulsivamente, subito e più volte al giorno, postare assolutamente qualcosa.
    Non solo: nel suo post aggiunge anche un elenco di cose che i vari enti di promozione turistica dovrebbero fare perchè un blog tour dia i risultati (?!) richiesti. Ovviamente, i malcapitati (enti) devono garantire una connessione wi-fi superveloce, che diamine! E tralascio tutto il resto…Letto quel post, anch’io mi chiedevo “che ci faccio qui?”.Io che, quando viaggio, anche se HO la connessione internet non ho voglia di postare nulla, perchè sono troppo presa a viaggiare, guarda un po’. Prendo appunti magari, questo si, e faccio anche foto. Ma lascio sedimentare le impressioni e le emozioni generate da luoghi e incontri, per poi scriverne dopo e solo quando sento che tutto è “pronto” a uscire. Non voglio dilungarmi oltre, ma ti dico: vai bene così! Scrivere di viaggi è questo! E, aggiungo, oltre al pubblico anche molti fra i cosiddetti “operatori” lo stanno pian piano comprendendo. Parti dunque per la tua nuova avventura in Etiopia. Noi aspettiamo quel che vorrai raccontarci, quando lo vorrai !

    1. Giulia Raciti

      Ciao Wanda!
      La questione verte proprio attorno alla figura del blogger che ormai è diventato una figura professionale ed in quanto tale deve produrre risultati a scapito del viaggio stesso.

      Fermo restando che continuo a chiedermi fino a che punto dei likes o dei retweet siano indicatori di piacimento e promozione della destinazione (misurabili? come? Davvero un like, che a volte io stessa metto senza leggere il post ma intuendo quello che potrebbe esserci scritto dal titolo, vale qualcosa?), nella mia esperienza ciò che piuttosto ha valore vero sono le emails, i contatti reali, quelli che spingono ad una azione che va ben oltre un mero like che non costa molto, come mi è successo per il Marocco per esempio.

      Ma questo è un altro discorso del quale non parlo perchè in verità non lo conosco e magari le mie sono ipotesi neanche tanto corrette.

      E’ il viaggio di per sè e questo business dello scrivere di viaggi che mi inquieta, questo dover viaggiare a tutti i costi per scriverne e non più per il piacere di viaggiare, il non darsi il tempo di sedimentare e prendersi la libertà di non dire nulla, se non così ci si sente.

      Nel momento in cui la purezza di un evento come il viaggio viene intaccata dal doverci guadagnare, la motivazione cambia, a quel punto si passa dall’altro lato della frontiera.
      Continuo a fare dei lavori da copywriter, come continuerò sporadicamente a pubblicare posts informativi, come sarò felice di collaborare con testate di un certo tipo, ma ho avuto la sensazione per un momento che lo scrivere di viaggi stesse diventando una noia mortale, un dovere a cui avrei voluto sottrarmi.
      E mi sono spaventata.

      La frequenza dello scrivere, il migliorare il proprio stile, l’avere delle ambizioni e crearsi delle aspettative quando si comincia a dar vista al proprio blog sono importanti, se no non lo promuoverei nè aiuterei chi ha voglia di provarci (e tu ne sai qualcosa), ma è questo rubare l’anima al viaggio per una manciata di dollari che mi spaventa.
      Non tanto per me, io continuo per la strada di sempre, anti-blogger appunto, quanto per chi oggi comincia a vedere nel blogger un anti-etico, anti-viaggio e pro-selfie professionista in grado di raccontarci qualcosa facilmente reperibile su wikipedia o (svelo un trucco) su uno dei tanti blog scritti in inglese.
      E di storie di Paesi lontani, di popoli e di gente non se ne parla più, come se la boriosa descrizione di un museo valga più di un incontro fatto alla stazione degli autobus.

      ps. di che post parli?

  2. Liz

    Non ho proprio idea di come ho fatto a perdermi questo post e arrivare a leggerlo solo ora, ma grazie, come sempre.
    In questo ultimo mese ne ho scritti un paio anche io su questo argomento e mi sto sempre più rendendo conte che scrivere di viaggio non voglio diventi qualcosa legato al denaro, perderebbe di significato. Come te, per me, il viaggio è qualcosa troppo legato alla sfera personale per essere mercificato con suggerimenti di oggettistica da comprare o la lista della spesa delle cose da vedere, io quello sul mio blog non lo scrivo, anche se per altri l’ho fatto semplicemente perchè speravo di potermi “fare un nome”, in un certo senso, ma alla fine nemmeno quello. Per cui a cosa serve? devo svendere le mie idee e il mio modo di pensare per quattro spicci? Non credo ne valga più la pena e sono contenta di averlo capito ora e non troppo tardi.
    E cmq non scrivi in ostrogoto ma chiaro e tondo senza fronzoli e a me piaci così! :)

    1. Giulia Raciti

      Leggi il mio commento a quello di Francesca…ripeterei la stessa cosa. E’ giusto che ognuno segua la propria strada che si avvicini anche al proprio modo di essere. Il web rischia di essere molto intrusivo prendendoti anche nella sfera personale, pertanto è giusto che ognuno lavori avendo degli obiettivi ma fare in modo che questi siano vicini al nostro modo di essere.
      Pertanto c’è chi è felice di fare del viaggio il proprio lavoro, e il risultato è un conglomerato di ringraziamenti ad enti turistici, ristoranti e foto di camere di hotels, e chi invece vive il viaggio come una passione da vivere nella totale indipendenza e sfruttare alcune oppurtunità per creare dei prodotti di valore che vanno oltre il viaggetto e muore li.

      Parlando per me, so che non voglio costringermi a viaggiare per tirare avanti ma voglio far fruttare la mia esperienza in maniera differente. E per il momento sembra che le mie intuizioni mi abbiano dato ragione. BUONA FORTUNA mia cara!

  3. Francesca

    Ciao,
    quando scrivi dell’avventura fai da te nello Yucatan rendi molto bene il concetto. E ho riso parecchio sai?
    Personalmente ho iniziato a tenere un blog per fare un po’ di pubblicità ai miei libri, dove racconto le persone e le emozioni, poi certamente anche i luoghi, ma per quelli ci sono fior di professionisti migliori di me. Considera che per scrivere il primo ho atteso sette anni, durante i quali ho voluto approfondire leggendo tutto quello che mi passava tra le mani sull’India: volevo capire.
    Per questo, quando leggo post su questa terra scritti immediatamente al rientro, se non addirittura ancora in viaggio, pieni di luoghi comuni e stronzate pazzesche mi si attorcigliano le budella, e mi verrebbe da dire a chi li ha scritti che l’India non fa per lei (ebbene sì, finora sono tutte donne!).
    Mi fa piacere quindi scoprire che ci sono persone che scrivono per chi le legge e non per enti o strutture turistiche; ho imparato che frasi del tipo “lasciatemi qui; in questo posto ci ho lasciato il cuore; non è meraviglioso???” nascondono, nemmeno tanto bene, il tipo di blog che non ho né il tempo, né tanto meno la voglia di leggere, e credo che prima o poi se ne renderanno conto tutti.

    1. Giulia Raciti

      Ciao Francesca e scusa se rispondo solo adesso ma in Etiopia le connessioni erano quelle che erano!
      Che dirti, il mio pensiero (che per l’appunto è il mio) mi porta a credere che ci siano modi differenti di affrontare le cose. Io vedo il blog come una opportunità interessante ma i cui obiettivi sono difficili da raggiungere soprattutto se non li si hanno più o meno chiari.
      La tendenza di oggi è avere il risultato facile e il più scontato, il viaggio gratuito o lavorare di viaggi, anche in questo caso parliamo di presupposti differenti rispetto il mio. Ho imparato a non condannare tantomeno farmi attorcigliare le budella, semplicemente non li leggo perchè, come te, li trovo banali, scontati ma peggio ancora esperienze di viaggio che per me viaggio non sono. Pertanto molto lontani da mio modo di viaggiare e conoscere (ma anche vivere) il mondo, questo post ti dice come ho vissuto l’Etiopia agli inizi http://www.viaggiare-low-cost.it/viaggio-in-etiopia-zaino-in-spalla-tutto-e-cominciato-cosi/ cosa che non avrei mai potuto scrivere se qualcuno era li ad aspettarmi con macchina privata e gruppetto che parla la mia lingua e va per farsi la vacanza.

      C’è chi viaggia “perchè non ne può fare a meno”. Io viaggio perchè un Paese mi chiama e stimola il mio interesse e la mia attenzione. Pertanto ho un modo tutto mio di farlo, non potrei fare altrimenti, al punto che scendere a compromessi o dedicare qualche giorno a un Paese per raccontare le solite stronzate (cosa fare, dove andare…che poi..non lo sai in due mesi di viaggio dimmi come fai a dirlo con una toccata e fuga) non si addice a me e la lettura di qualcuno o qualcosa implica un processo di selezione e di affinità. Pertanto chi se ne frega di qui ha preso una strada, magari è quella giusta per loro, se sai che tu comunque anche se potessi non ti sentiresti comoda in quella posizione è giusto che ognuna segua la sua strada.

      L’importante è pensare “out of the box”. Pensa a te che usi il blog per vendere i tuoi libri. Lo hai capito e quello che racconti nel blog rimarrà sempre super partes. Questo per me è un chiaro esempio di chi ha capito come sfruttare questo mezzo potente che può portare tante soddisfazioni. Un caro saluto! Giulua

  4. nicoletta

    Mi è piaciuto molto questo articolo. Ci hai preso in pieno in molte cose. Anche io ho un blog che chiuderò presto xè mi sono rotta le scatole. Vero, molta gente è solo caccia di numeri

    1. Giulia Raciti

      Ciao Nicoletta, è un peccato che tu lo chiuda, soprattutto se contiente qualcosa su cui hai lavorato e che ti ha divertito. Credo che il bello del blogging stia proprio nello spirito con cui si faccia.
      Pensaci prima di chiuderlo, potrebbe comunque essere un passatempo simpatico che più in la potrebbe aiutarti a monetizzare, ma spesse volte la strada giusta si trova solo dopo tempo e una serie di tentativi.
      In bocca al lupo!

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