Luglio 2007, una mattina come tante altre ma non per me. Avevo deciso dopo 12 mesi di pensamenti e ripensamenti di licenziarmi dall’ufficio dove lavoravo a Roma, con contratto a tempo indeterminato, per andare a imparare l’inglese a Londra e lavorare per qualche anno li.
Senza dire nulla a nessuno, avevo dimenticato di informare anche i miei genitori, mi siedo di fronte al mio manager. Sono bastate poche parole.
“Camilo, io credo che sia arrivato il momento di lasciare la tua agenzia. Voglio imparare l’inglese e l’unica maniera che ho è andare a vivere per qualche tempo in una città dove si parla questa lingua“.
Lui, che da giovane ha seguito il mio stesso percorso non ha potuto che darmi la sua benedizione.
Una laurea con il massimo dei voti. Un master in economia e gestione della comunicazione e dei media. 6 anni di esperienza lavorativa in campo. Oscena quanto a lingua inglese.
Su carta avevo tutto ciò che secondo la nostra mentalità dovrebbe farmi trovare in un battibaleno un lavoro o per lo meno, non dovrebbe permettermi una “regressione” quale lavorare come runner in un ristorante.
Si, perchè all’inizio non ero neanche una cameriera, il mio inglese era pessimo a sufficienza per vietarmi il contatto con il cliente. A me il ruolo di correre portando i piatti, sparecchiare ed asciugare bicchieri.
Per 8 ore al giorno.
4 ore di scuola di inglese tutti i giorni prima di attaccare al ristorante.
1 mese dopo vengo “promossa” a cameriera. Potevo comunicare, nel mentre avevo imparato le parole basilari della vita quotidiana, tra cui ingredienti ed utensili da cucina, modi di chiedere gentili ed educati, prevedevo le domande dei clienti, preparavo le risposte.
Nessun amico. Nessun appoggio. Una città che non conoscevo e che mi faceva piangere tutte le sere quando sulla via del ritorno in bus (perchè finivo troppo tardi per prendere l’ultima metro) facevo 1 ora e mezza e andavo a dormire alle 3,30 per poi risvegliarmi il giorno dopo alle 8,30.
Ma questa non vuole essere la mia storia, quanto la storia di migliaia di altri ragazzi che come me hanno fatto una valigia, più o meno incoscientemente, e si sono dati una possibilità.
Ma darsi una possibilità significa sognare ed ambire più di quanto non si abbia ma anche essere realistici e onesti con se stessi.
Ogni giorno ricevo emails da chi vuole cambiare vita, da chi vuole svoltare perchè l’Italia non da sbocchi, perchè si vive male ed in povertà. Come darvi torto? Eravamo sulla stessa barca.
Ma capita che le aspettative superino quelle sono le reali situazioni che si devono affrontare o che si creda che tanto basta andare via dall’Italia per fare i botti, come si dice a Roma.
Non è esattamente così e mi dispiace quando sento storie di chi ci prova ma dopo 2 mesi va via, come se due mesi fossero sufficienti, mi dispiace ancora di più quando succede ad amici, reali ed alcuni di una vita, che perdono le motivazioni velocemente o che alla prima sconfitta fanno il bagaglio, tornano a casa e magari pur avendo come sogno quello di andar via, dopo l’estate ovvio…peccato che agosto è il mese migliore per trovare casa + lavoro, iniziano a credere che se non è andata è colpa della città senza rendersi conto che il problema forse dovrebbero ritrovarlo in se stessi.
A volte si pecca un pò di saccenza, e non ci si rende conto che vivere in un mondo globalizzato significa sì non avere frontiere ma sifgnifica anche avere concorrenza proveniente da tutti gli angoli della terra. Ci sarà sempre qualcuno più bravo di te, non importa cosa tua madre ti dice, e sta a te rimboccarti le maniche e lottare per quello che vuoi.
Perchè se dopo 2 mesi vai via deluso chi ha perso sei solo tu. Hai perso la possibilità di imparare una lingua. Di ridare valore a quelli che sono per te dei lavori “umili”, ma che in fin dei conti sono anche gli unici che ti fanno apprezzare quello che otterrai, ma soprattutto ti ricorderanno SEMPRE che arrivare dove sei non è stato un caso se non questione di volontà ed un percorso in salita, duro e che può farti scoppiare in lacrime in un angolo di strada in una città che non conosci.
Ci sei tu, la tua determinazione e la tua voglia di riuscire, un obiettivo reale e concreto.
La voglia di fuggire dall’Italia perchè tutto fa schifo non basta.
Una laurea su un pezzo di carta neanche, il 110 e lode stampato e il bacio in fronte, lascia che rimanga un vanto dei tuoi 22 anni che adesso vale per quello che è.
Si comincia dal basso, anche in un Paese straniero dove apparentemente l’economia non è poi così male. Non è tutto oro quello che luccica e se le cose fossero facili come sembrano, allora forse tutti saremmo esattamente dove vogliamo essere facendo quello che vogliamo fare.
Ciao Giulia ti ho incontrato nella mia vita grazie Tropical pizza e adesso seguo i tuoi post su facebook, quest’ultimo post mi ha fatto riflettere molto… e mi ha messo non dico paura ma quasi. Perché sto o stavo pianificando la mia fuga in Germania che per forza di cose è o sarà obbligatoria visto l’imminente scadenza contrattuale. Purtroppo già so le difficoltà che troverò, ma l’utopia di trovare lavoro sta diventando un compito arduo. Non so come farò, perché non so nessuna lingua a parte l’italiano e il dialetto siculo. Spero di trovare la forza di resistere, e riuscire ad imparare a comunicare. Continuerò a seguire i tuoi post, se hai consigli per tutti noi impauriti dai cambiamenti e di intraprendere un viaggio verso il buio della vita, continua a darceli. Ciao Sergio
Ciao Sergio,
visto che sei in fase pianificazione ti consiglio di inziare studiando l’inglese che ti aiuterà a sopravvivere il primo periodo.
Il tedesco è difficile ma sono sicura che imparerai anche questo ma arrivare senza saper parlare le lingue complicherà il tutto, aiutati studiando l’inglese!
BUONA FORTUNA!